IT'S INCREDIBLE! PRIMA O POI CI SI CONNETTe!


Secondo l’autorevole istituto americano EPA (Environmental Protection Agency) “i cementifici sono la seconda fonte di diossine e furani grazie alla scelta di utilizzarli per bruciare rifiuti industriali”*.
La prima fonte di diossina, manco a dirlo, è la scelta di bruciare rifiuti urbani.
Dati della Italcementi alla mano, notiamo come per trasformare il cosiddetto “clinker” in cemento e calcestruzzo, la temperatura di cottura del prezioso materiale è di circa 1500 gradi. A quanto pare il principale problema imputabile all’inceneritore non sta nella trasformazione del clinker, quanto piuttosto nella modalità di bruciatura del materiale. Infatti per alimentare la sua fabbrica, l’Italcementi brucia combustile derivato dai rifiuti, ovverosia “cdr”. Come spiegato dall’emerito professore di chimica Connet, “il cdr è un pericoloso composto di carta e plastica che genera la diossina”, dove “tanto è migliore il processo di incenerimento tanto più tossiche saranno le ceneri prodotte”. I dati della stessa cementeria, fermi al 2006 e pubblicati sul sito della stessa fabbrica, sottolineano come per la produzione di clinker vengono immesse nell’aria sostanze tossiche. Per quanto riguarda le emissioni di gas serra, su una produzione ad esempio di 495 mila tonnellate di clinker, attestati nel 2006, vengono immesse nell’aria 822 kili di Co2 per ogni tonnellata di clinker prodotto. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, notiamo come su 495 mila tonnellate di clinker prodotto sempre nel 2006, abbiamo avuto 6,5 grammi di polvere per ogni tonnellate di clinker prodotto, 1445 grammi di ossidi di azoto, 68 grammi di biossido di zolfo, 20 milligrammi di mercurio e 19 nanogrammi di diossina per ogni tonnellata.
L’EPA però, che di sicuro non conosce la situazione Italcementi nello specifico, ha stimato che, per i cementifici che usano rifiuti come combustibile, l’emissione di diossine è pari a 24,34 nanogrammi per kilo*, dunque ben diversa dalla stima della Italcementi, che al contrario lo calcola per tonnellate.
*(dati ricavati dal sito http://www.circoloambiente.org/)

L'emerito professore di chimica della università di New York a Vibo Marina per parlare di ambiente e futuro. "It's incredible", commenta quando spiega la situazione Italcementi.

Chi ha avuto la fortuna di assistere all’incontro di martedì, presso l’auditorium della chiesa parrocchiale di Vibo Marina, sul tema ambientale “Una soluzione sostenibile per la gestione dei rifiuti”, sarà ritornato a casa con rinnovate convinzioni. Si è parlato di tutto, analizzando problemi ed eventuali soluzioni. Si è parlato di inceneritori e alternative. Si è parlato di responsabilità civile, politica ed industriale. Si sono mostrate tabelle, valori e dati. A margine, cercando di lavare i panni in famiglia, la domanda sorge spontanea: ma chi sono i catastrofisti? Sono coloro i quali credono che chiudere l’Italcementi sia la soluzione migliore per una vita migliore, oppure sono quelli che ancora pensano che il colosso del cemento di Bergamo sia in realtà una vera opportunità di crescita economica “pulita” che produce solo utili? In realtà Paul Connet non dice nulla di nuovo alla popolazione, perché la popolazione conosce già molto bene le dinamiche politico-industriali e le conseguenze derivate. Ma è chiaro che se a sostenerlo è un professore emerito di chimica americano, ulteriori certezze vanno ad arricchire lo sdegno popolare, che dopo l’incontro di martedì, si fa ancora più corposo. Volendo rimanere in buona fede, vuoi perché Connet non è mai venuto nelle nostre zone, vuoi perché comunque rimane un autorevole voce imparziale, se c’è qualcosa che stupisce è vedere come sia lui quello più stupito. Se non altro perché Connet di posti ne ha girati parecchi e di situazioni critiche ambientali ne ha viste altrettante. 2000 in 25 anni per la precisione. Ma Vibo Marina, evidentemente, lascia il segno. Il noto professore ambientalista rimane letteralmente estere fatto dalla triste visione di un agglomerato urbano con al centro una bella fabbrica di cemento. “It’s incredibile”, commenta allibito. Non si capacita e non lo reputa possibile. Sviscera dati su dati, di come ad esempio “le nano particelle contenute nelle ceneri del cemento e immesse nell’atmosfera dagli inceneritori, sono altamente tossiche perchè, frequentemente riciclate, distruggono il sistema di filtraggio dell’aria”. E se a questo si aggiunge che tutto quello che viene bruciato si chiama “cdr”, ovverosia “un pericoloso composto di carta e plastica che genera la diossina”, il gioco è fatto. D’altra parte, il professore capisce bene l’importanza dell’Italcementi in ottica “posti di lavoro”, e sforzandosi di trovare soluzione a questo problema aggiuntivo, che ad ogni modo reputa “ egualmente insufficiente” perché “tentativo di perfezionare una pessima idea”, si appresta a commentare dicendo: “Se proprio volete bruciare qualcosa negli inceneritori fatelo. Ma fatelo almeno con i combustibili migliori, non con quelli più sporchi e pericolosi, come il cdr appunto”. “L’incenerimento – continua l’emerito professore – è una perdita di opportunità e uno spreco di energia”. E le tabelle mostrate lo chiarificano: l’incenerimento non è perseguibile nemmeno dal punto di vista dell’energia recuperata. L’incenerimento non è una pratica sostenibile. Punto. Se si considerano le emissioni tossiche poi, “si è particolarmente preoccupati in quanto ci sono degli elementi che non è possibile distruggere. La cosa peggiore è che tali elementi, i metalli ad esempio, si disperdono nell’atmosfera finendo nelle ceneri; e tanto è migliore il processo di incenerimento tanto più tossiche saranno le ceneri prodotte”. Si tratta, dunque, “di sostanze estremamente tossiche mai create nemmeno in un laboratorio chimico, le quali vengono buttate fuori dall’inceneritore sotto forma di particelle estremamente sottili che possono penetrare profondamente all’interno dei nostri polmoni entrando rapidamente nella circolazione sanguigna”. Le conseguenze? Malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie. Niente di nuovo per Vibo Marina e dintorni, appunto. La lezione del professore americano è chiara, asettica, scorrevole. Non vuole mettere apprensioni o paure alla gente. Lui è stato chiamato semplicemente per far capire a tutti cosa significhi un impatto ambientale di questo tipo. Nulla più. Dall’alto del suo pensiero ambientalista, vorrebbe vedere più responsabilità, perché potrebbero essere appunto le responsabilità di ogni singolo cittadino a fare la differenza. Raccolta differenziata, porta a porta, riciclo, compostaggio, selezione alla fonte, sostenute a loro volta da incentivi economici, nuove politiche industriali e speciali centri di ricerca. Sembrano cose lontanissime dal pensiero comune, soprattutto dalla politica dei nostri giorni. In realtà, come dice lo stesso Connet, “si tratta semplicemente di copiare la natura, perché la natura non produce rifiuti che non si possono smaltire“. Un’utopia, specie se si pensa a Vibo Marina, città dell’abbandono e dell’illusione per eccellenza. “Se in altri posti del mondo ce l’hanno fatta, perché voi non ce la potete fare?”, domanda Connet alla platea. Già, perché? E intanto da qualche giorno l’Italcementi ha ripreso a bruciare cdr. Ma nemmeno questa è più una novità.

1 Link: Rosso Fajettu: Lezioni di ambiente con Paul Connett
2 Link: Rosso Fajettu: Italcementi fabbrica "pulita"?

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